Avete mai sentito parlare di Gamification? È un termine relativamente nuovo ma in forte diffusione, con il quale si intende l’applicazione di meccaniche tipiche del gioco in contesti non ludici, allo scopo di favorire l’interesse dove diversamente questo risulterebbe difficile e labile.

 

Il videogame esce da una dimensione completamente ludica e viene coinvolto in situazioni dove fino a qualche anno fa era impensabile: si parla di aziende e brand che hanno deciso di applicare il gioco nelle loro attività strategiche perché è stato riconosciuto che in questo modo si coinvolge il consumatore che a sua volta diviene protagonista attivo, disponibile al dialogo, all’ascolto e alla condivisione.

Il videogioco condivide con il messaggio pubblicitario la tesi che il mondo sia dominabile e coerente.

LEGGI ANCHE: Open Innovation. Gli elefanti hanno davvero paura dei topi?

Gli Advergame e il concetto di regalare un’esperienza

Gli advergame, la fusione tra gioco e pubblicità, sembrano una novità piuttosto recente ma i primi esempi arrivano dagli anni Ottanta con Coca Cola che sull’onda di Space Invaders ha realizzato Pepsi Invaders, in riferimento al suo più grande competitor.

In Italia l’apripista è stata la Ferrero nel 1999 e da allora molti brand hanno sperimentato l’idea. Oggi gli advergame vengono inclusi nella progettazione delle campagne pubblicitarie dei marchi più famosi come ad esempio Algida e “La caccia al piacere di Magnum” o Being Henry di Royge Over Evoque.

La pubblicità c’è ma è integrata al gioco, che se ben strutturato creerà maggior coinvolgimento e interesse da parte degli utenti. I videogames propongono un’interattività multimediale, un linguaggio che è un’interessante opportunità comunicativa per le aziende.

LEGGI ANCHE: Come umanizzare i brand con il Digital Marketing for Humans

Perché le aziende hanno deciso di adottare la Gamification

Nei programmi di engagement e loyalty la gamification offre un grande supporto: i programmi di fidelizzazione nascono per indurre un utente a compiere un’azione scegliendo a parità di condizioni un servizio piuttosto che un altro.

Dal 2010 la grafica e l’offerta dei videogiochi migliora nettamente e la gamification si fa lentamente spazio negli strumenti utilizzati dalle aziende: si applicano tecniche e teorie videoludiche per rinforzare e/o indurre comportamenti all’interno di contesti non gaming come la salute, il marketing e l’editoria. I parametri dell’engagement che vengono analizzato sono: frequenza, durata, cadenza e tasso d’interazione.

 

Diverse aziende hanno investito in comunità online per facilitare la collaborazione tra dipendenti e dare assistenza ai clienti in modalità self service. Ci sono tecniche specifiche per condizionare il comportamento degli utenti e aumentare l’interazione e la motivazione tra i partecipanti.

I social game

I social game, come Farmville o Candy Crush, incentivano il ritorno costante di un visitatore perché si basano su un sistema di sforzo-ricompensa. Contingenza, risposte e rinforzo sono tre fasi dello schema premiante. In un contesto dove il web 3.0 lascia sempre più spazio all’esperienza e all’interattività, la gamification verrà adottata anche dai brand più scettici e troverà terreno fertile negli strumenti di realtà aumentata che si diffonderanno anch’essi in un arco di tempo molto ristretto.