Hai mai pensato a quante volte al giorno utilizzi un oggetto chiamandolo col nome del brand, senza nemmeno accorgertene? Lo scotch, il rimmel, la Moka, il Mocio, la Biro e la Jacuzzi sono solo alcuni esempi di oggetti diventati così iconici da essere diventati nomi universali. 

Ma come sono diventati così famosi e perché li chiamiamo con questi nomi? Il fenomeno della volgarizzazione del marchio è un tema molto interessante che ci porta ad approfondire l’origine di questi nomi (e le battaglie legali che si nascondono dietro di essi). In questo articolo, scopriremo insieme gli oggetti che chiamiamo comunemente col nome del brand e la loro storia affascinante.

Dal nome del brand alla volgarizzazione del marchio

La volgarizzazione del marchio è un fenomeno molto diffuso nel mondo del marketing, che si verifica quando il nome commerciale di un prodotto diventa di uso comune e può essere utilizzato da chiunque come un termine generico. Basti pensare ai termini Barbie, Tampax, passando per Scottex, Borotalco, Scotch, iPod e Viagra, solo per citarne alcuni. La volgarizzazione si verifica spesso con i prodotti di maggior successo, che diventano così iconici da essere utilizzati per identificare un’intera categoria di oggetti.

Si potrebbe pensare che questo fenomeno comporti un gran ritorno pubblicitario per l’azienda, ma questo è vero in parte. Se da un lato, infatti, l’azienda può beneficiare di un maggiore riconoscimento del brand e della sua popolarità, d’altro canto, se il marchio diventa troppo comune, può perdere la sua distintività e il suo valore commerciale

La conseguenza più grave è che il termine possa perdere nella mente dei consumatori la sua associazione con l’azienda che l’ha creato, e che quindi possa essere utilizzato anche da aziende concorrenti. Si parla, in quest’ultimo caso, di volgarizzazione giuridica, ben diversa dalla volgarizzazione intesa come fenomeno sociale. 

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5 marchi commerciali diventati parole di uso comune

Sono tanti i marchi commerciali che sono entrati a far parte del vocabolario comune come sinonimo di un’intera categoria di prodotti, dimostrando l’impatto che un brand di successo può avere sulla cultura e sulla società in cui viviamo. Vediamo, nel dettaglio, i 5 casi più eclatanti. 

1. Moka 

Il termine “moka” è strettamente legato a quello del suo produttore storico: Bialetti. La sua storia inizia nel 1933, quando Alfonso Bialetti, un fabbro della Valle d’Aosta, inventa e brevetta la caffettiera Moka, che prende il nome dalla città yemenita da cui partivano le navi cariche di caffè per l’Occidente. La caffettiera diventa subito un successo, grazie alla sua praticità e al suo design elegante e, col venire meno della tutela del marchio, il termine diventa di uso comune per identificare questo oggetto di culto per gli amanti della bevanda nera. 

2. Mocio 

Pur trattandosi di un oggetto che utilizziamo quotidianamente, difficilmente riusciamo ad associarlo al brand che lo ha creato. Il marchio Mocio è stato registrato da Vileda, che ha creato il primo mocio in Italia negli anni ’50. Tuttavia, come spesso accade con i marchi di successo, il nome “Mocio” è diventato un termine generico utilizzato per indicare qualsiasi tipo di scopa con setole in tessuto per la pulizia dei pavimenti. Anche ai giorni nostri il termine resta al centro di movimentate dispute giudiziarie: nel 2015, il marchio Mocio è stato al centro di una battaglia legale tra Vileda e 20th Century Fox

Il nome del marchio è stato utilizzato nel film “Joy”, in cui l’attrice Jennifer Lawrence interpreta il ruolo di un’imprenditrice che inventa una scopa con le medesime caratteristiche del prodotto Mocio. Nella versione italiana del film, il nome del prodotto inventato nel film è stato tradotto con il termine “Mocio”, che Vileda ha considerato una violazione dei suoi diritti di proprietà intellettuale. Tuttavia, il tribunale di Milano ha stabilito che il termine “mocio” può essere utilizzato come termine generico e non come marchio registrato, sancendo la sconfitta di Vileda.

3. Post-It e Scotch

Hai mai utilizzato il nastro adesivo o i famosi foglietti adesivi gialli per prendere note e appunti? Se la risposta è sì, allora probabilmente hai riconosciuto l’utilità di due dei prodotti più iconici realizzati dalla 3M

Lo scotch nasce nel 1930 a seguito di un’intuizione di Richard Dew, ingegnere ventiquattrenne della società, mentre i post-it vedranno la luce solo nel 1977 ad opera di Arthur Fry, un ricercatore della 3M che cercava una soluzione per evitare che i suoi segnalibri cadessero dai libri della chiesa durante il coro. Fry unì la sua intuizione con quella del collega Spencer Silver, inventore di un nastro adesivo “imperfetto”, per creare i famosi Post-it. 

Tuttavia, non tutti sanno che la 3M ha dovuto avviare una serie di attività per tutelarsi dalla volgarizzazione dei suoi marchi che, nonostante siano registrati, vengono ancora oggi utilizzati in modo improprio per indicare qualsiasi tipo di nastro adesivo o foglietto adesivo. 

4. Barbie

A partire dalla sua invenzione nel 1959, la Barbie è diventata un fenomeno culturale e un’icona della moda che ha influenzato diverse generazioni di ragazze in tutto il mondo. Nata come una semplice bambola di plastica alta circa 30 centimetri, con un corpo sinuoso e un make-up impeccabile, la Barbie è diventata un marchio registrato e un’icona di stile. 

Anche in questo caso, la popolarità del brand ha trasformato il nome del prodotto in un sostantivo di uso comune, utilizzato per indicare sia la bambola di plastica in generale, sia una ragazza o donna truccata e dall’acconciatura molto curata ma di bellezza un po’ artefatta. 

5. Biro

Quante volte hai esclamato “passami la biro” o “ho bisogno di una biro per prendere appunti”? Probabilmente molte, ma non sempre avrai utilizzato la specifica Biro commercializzata da Bic. La Biro non fu però un’invenzione dell’azienda francese: la paternità va attribuita al giornalista ungherese José Bíró nel 1938, anche se la prima penna a sfera in assoluto venne realizzata da John Jacob Loud. 

L’innovazione di Bíró fu quella di combinare un inchiostro ad alta viscosità con un meccanismo a sfera, che evitava l’asciugatura dell’inchiostro all’interno del serbatoio, consentendo un flusso più controllato. L’azienda Bic ha poi acquisito il brevetto del giornalista, contribuendo al successo planetario del prodotto che oggi conosciamo come “biro”.