Esistono ancora diversi cliché sull’e-commerce da cancellare per capire ciò che funziona davvero e ciò che invece non va
Anche il marketer più smart può prendere una decisione poco fortunata se parte da convinzioni sbagliate. Spesso sono proprio i miti che si creano intorno ad alcuni temi che inducono in errore. Ecco ad esempio alcuni falsi miti da sfatare sull’e-commerce.
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1. I ricavi sono l’unica metrica che conta
Se lo scopo ultimo del web marketing è sempre e comunque la vendita, specie quando si parla di e-commerce, oggi bisognerebbe partire da una concezione diversa. Ogni attività infatti dovrebbe essere posta in relazione con una specifica fase del customer journey e dunque rispondere a determinati obiettivi. Solo in relazione a questi obiettivi è possibile definire delle metriche utili a misurare e poi interpretare i risultati.
In relazione all’e-commerce, i KPI da considerare con particolare attenzione dovrebbero essere almeno:
- Tassi di conversione – Quale percentuale dei visitatori finisce per fare un acquisto? Fai attenzione a come le campagne, le landing page, le interazioni delle sessioni, le interazioni precedenti e le fonti di traffico influiscono sui tassi di conversione.
- Traffico di canale – Quante persone arrivano sul sito? Una dissonanza tra i numeri del traffico e le entrate può far emergere possibili criticità. Si tratta quindi di un aspetto da analizzare con cura anche in relazione alla provenienza dei visitatori e alle pagine che generano più interazioni.
- Lifetime Value – Quanti ricavi offre una pagina tipica? Quali pagine generano entrate perennemente e quali generano entrate che invece decrescono? Bisogna fare queste proiezioni per determinare la redditività a lungo termine di una landing page.
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2. I social media non aiutano a vendere
La maggior parte di noi non usa i social media per cercare prodotti da acquistare, quindi sembrerebbe facile liquidare la questione semplicemente indicando i social come un canale non redditizio. Sarebbe però un errore pensare che investire sui social media sia uno spreco di energia. Il 26% degli utenti di Facebook che cliccano sugli annunci, infatti, fanno acquisti.
I benefici dei social media non si limitano alla spesa pubblicitaria. Molti consumatori hanno esperienze positive di servizio clienti sui social e di conseguenza raccomandano ad altri il brand.
Infine, i social media sono una delle fonti più rilevanti di traffico per moltissimi siti web e come dicevamo nel punto precedente, questo è un dato di cui dobbiamo assolutamente tenere conto.
Anche se i nostri potenziali clienti non acquisteranno direttamente da un social, entreranno comunque in contatto con il marchio su questi canali. Le strategie di social media marketing, cioè, generano effetti secondari, dando visibilità al brand e facendo crescere la rilevanza anche nei risultati sui motori di ricerca.
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3. L’e-mail marketing è morto
Non c’è nulla di più falso di questo. Il fatto che l’e-mail sia una tecnologia ormai datata non significa che nessuno la utilizzi. Anzi, il mobile, grazie a sincronizzazione e notifiche, ha dato nuova vita a questo strumento.
La posta elettronica, infatti, è ancora uno dei canali di comunicazione predefiniti per connettersi con le persone su Internet.
L’e-mail è una linea diretta con i consumatori ed è anche il luogo nel quale le persone sono più disposte ad accettare messaggi commerciali, non vivendoli come distrazioni o interruzioni rispetto ad altre attività, come capita ad esempio con l’advertising nei video online.
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4. Un buon prodotto si vende da solo
Credere in questa nozione è inversamente proporzionale alla quantità di tempo che si è speso a livello decisionale in un’azienda. Questa è in realtà una scusa (non più credibile oggigiorno) per non avere una strategia di marketing.
Affermare che il proprio prodotto è talmente buono da vendersi da solo, significa non avere idea della quantità di messaggi ai quali i consumatori oggi sono esposti quotidianamente, anzi sono sovra-esposti.
Per vendere un prodotto, dunque, è bene considerare ogni fase del percorso del cliente fino alla conversione, senza tralasciare l’awareness, un momento chiave per conquistarsi l’attenzione del proprio target, restando impressi come brand.
5. Per vendere online bisogna raggiungere il maggior numero di persone possibile
Abbiamo già parlato di traffico sul sito, ma dobbiamo chiarire un punto: il dato che registriamo è solo un passaggio per arrivare al goal finale, che è la vendita. Dunque se senza traffico sul sito non può esserci conversione, dobbiamo anche intercettare un pubblico interessato realmente a ciò che vendiamo.
Oggi, con i dati che possiamo raccogliere online attraverso analytics e social media insights, dovremmo puntare a target molto più specifici, nicchie per le quali il brand abbia un’effettiva rilevanza. A questi dovremmo comunicare in modo personalizzato, per collegare nel miglior modo possibile la domanda con l’offerta.